Ho appena visto un bellissimo video sull’immaginazione dei bambini nel gioco. Ve lo ripropongo qui.
Rende bene l’idea dell’importanza che l’attività ludica riveste per la crescita di ogni bambino: è lo strumento che usa per mettersi alla prova, per scoprire cose nuove su di sé, gli altri e l’ambiente che lo circonda. I giochi dei bambini non sono solo giochi: bisogna considerarli come le loro azioni più serie (cit. Michel De Montaigne) e cambiano in base alla fase dello sviluppo emotivo in cui si trovano i piccoli.
Da 0 a 1 anno: Già dai primi mesi di vita, il bambino compie delle attività ludiche prettamente ripetitive ed esplorative con il proprio corpo (ad es. agita le mani, muove le gambe) e quello della mamma. Non è indifferente, però, anche agli oggetti che lo circondano. Il suo fine è quello di provare delle sensazioni che possano gratificarlo: queste lo aiutano a prendere coscienza di sé fino alla consapevolezza di essere qualcuno di diverso rispetto alla mamma.
2 anni: Questa è la fase dello sviluppo in cui il bambino sperimenta la separazione dalla mamma. Crisi d’ansia e di abbandono possono essere superate anche grazie ad un giocattolo, chiamato oggetto transazionale: viene offerto al bambino dalla mamma stessa o, comunque, dalla sua principale figura di accudimento. Può essere un peluche, ad esempio. Quando la mamma si assenta, questo oggetto continua a rappresentarla e fornisce un grande sostegno emotivo al bambino.
Una volta che il bambino è cresciuto, il significato di quel giocattolo viene perso: se, però, viene ancora custodito gelosamente è più per abitudine che per conforto.
3 anni: Il bambino dimostra il proprio interesse a giocare con gli altri (socializzazione): imita il loro comportamento e la sua immaginazione inizia a svilupparsi.
4 – 5 anni: Il gioco diventa espressione delle proibizioni o punizioni che il bambino ha subito. Giocare a nascondino, al dottore o con una bambola è la manifestazione delle proprie dinamiche interne.
6 – 10 anni: Il bambino ora gioca, in gruppo, rispettando delle regole: impara così a stare insieme agli altri e a seguire delle linee guida per garantire il buon funzionamento del gioco.
Poi arriva l’età in cui diventi genitore e, dall’altra parte della barricata, ti trovi a dover sperimentare ancora tutte queste fasi:
da 0 a 1 anno – diventi il ciuccio di tuo figlio;
a 2 anni – subisci i suoi pianti disperati anche se ti assenti solo per andare a far pipì;
a 3 anni – cerchi di spiegargli che le dita nel naso meglio non metterle anche se lo fanno tutti i suoi amichetti;
dai 4 ai 5 anni – vai in panico perché lo trovi chiuso dentro l’armadio, “il suo nascondiglio segreto”;
dai 6 ai 10 anni – preghi, con tutte le tue forze, che non partecipi già al gioco della bottiglia organizzato dai ragazzini delle medie, e con gli ormoni fuori controllo, nel cortile della parrocchia.
Fortuna che la mia piccola ha solo 18 mesi.
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